Per la Cassazione (alcuni) trattamenti estetici possono rientrare tra le spese straordinarie

Per la Cassazione (alcuni) trattamenti estetici possono rientrare tra le spese straordinarie
17 Aprile 2018: Per la Cassazione (alcuni) trattamenti estetici possono rientrare tra le spese straordinarie 17 Aprile 2018

IL CASO. Tizia, madre di Caia, aveva convenuto in giudizio avanti il Tribunale di Torino Sempronio, ex compagno e padre della ragazzina, chiedendo che venisse condannato a rimborsarle la metà delle spese straordinarie che aveva sostenuto nell’interesse della figlia, comprese quelle per “trattamenti estetici”.

Mentre il Tribunale di Torino aveva rigettato la domanda, la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza impugnata, aveva condannato Sempronio al rimborso delle succitate spese, rilevando, da un lato, come “una volta acclarata la necessità o utilità della spesa … ed il suo carattere straordinario, la mancanza di un ‘previo concerto’ tra i genitori non impedisse la proposizione dell’azione di regresso da parte del genitore anticipante” e, dall’altro, come costui “non ave[sse] in alcun modo comprovato l’ipotetica inutilità delle spese in questione …, essendosi il medesimo limitato ad una generica contestazione al riguardo”.

Avverso la decisione della Corte d’Appello di Torino, Sempronio aveva proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, entrambi concernenti la “violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della legge n. 898 del 1970, 316, 316 bis, 337 bis, 337 quater, e 113, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.”.

Con il primo motivo, aveva lamentato come “dalla documentazione versata in atti” fosse emerso “in maniera inconfutabile” che l’ex compagna “non aveva mai concertato con l’odierno ricorrente alcuna delle spese, dalla medesima ritenute straordinarie, sostenute nell’interesse della figlia”.

Con il secondo motivo, aveva, invece, lamentato come la Corte d’appello avesse “riconosciuto natura di spese straordinarie agli esborsi affrontati dalla madre per i trattamenti estetici – a suo dire non supportati da nessuna prescrizione medica che ne certificasse la necessità o l’utilità”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5490/2018, ha rigettato il ricorso.

Quanto al primo motivo, l’ha ritenuto infondato, richiamando il proprio consolidato orientamento, in base al quale “non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, costituente decisione ‘di maggiore interesse’ per il figlio, sussistendo, di conseguenza, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso, qualora il medesimo non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso”.

Applicando tale principio al caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato come la Corte d’Appello di Torino avesse correttamente condannato Sempronio al rimborso delle spese, in quanto costui “si era limitato … ad una mera, generica, contestazione delle spese straordinarie”, ciò che avrebbe potuto evitare se ne avesse, invece, comprovato “la futilità e l’assenza delle ragioni addotte dalla controparte”.

Quanto al secondo motivo, la Corte di Cassazione l’ha parimenti ritenuto infondato, perché “in tema di mantenimento della prole, devono intendersi spese ‘straordinarie’ quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’originario regime di vita dei figli”.

Applicando tale principio al caso di specie, il Giudice di legittimità ha ritenuto corretta la condanna al rimborso delle spese disposta dalla Corte d’Appello, laddove aveva “accertato che si trattava di spese per trattamenti estetici necessari a rimuovere la peluria sul viso della ragazza, ‘anomala per un soggetto di sesso femminile’ e fonte di notevole imbarazzo”.

Pertanto, “una volta accertatane – da parte del giudice di merito – la natura di spese straordinarie ed utili alla figlia, ed in assenza della dimostrazione di un tempestivo e valido dissenso da parte del[l’ altro genitore], quest’ultimo è da considerarsi senz’altro tenuto a corrispondere all’altro genitore la quota di sua spettanza”.

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